Act Up-Paris e l’attivismo LGBTQ+

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Nei campi di concentramento nazisti, le persone omosessuali venivano identificate con un triangolo rosa rovesciato. Nel 1989, Act Up-Paris rivendica questo simbolo, capovolgendolo e legandolo inestricabilmente alla lotta per i diritti della comunità LGBTQ+.

In occasione del Gay Pride di quello stesso anno, la neonata associazione organizza il primo die-in, in una sorta di flash mob che vede le persone stendersi per strada, in silenzio. Cartelli e magliette, con il triangolo rosa in bella vista, ritraggono la scritta “Silenzio = Morte”.

120 BATTITI AL MINUTO

120 battiti al minuto è un film francese del 2017, che racconta la nascita di Act Up-Paris, il movimento di attivisti e attiviste che, dalla fine degli anni ’80, ha combattuto contro il silenzio, la passività e i pregiudizi sull’AIDS nella Francia di Mitterrand. In una chiave quasi documentaristica, vengono narrate le azioni e mobilitazioni dell’associazione, che permettono ad una categoria, prima invisibile, di diventare protagonista della scena politica francese.

Il regista ci racconta il movimento dalla sua esperienza diretta: Robin Campillo, infatti, è stato parte di Act Up negli anni ’90. Proprio per questo, al di là delle storie dei protagonisti, il film riesce a ritrarre in maniera estremamente realistica le dinamiche di gruppo, le riunioni, le proteste, la passione dei giovani.

Il fine principale dell’associazione è combattere l’AIDS, che proprio in quegli anni colpiva migliaia di membri della comunità.
Questa epidemia viene descritta come un’epidemia politica, perché provocata dall’assenza di prevenzione, cure e diritti. La comunità LGBTQ+ è abbandonata a se stessa, completamente ignorata dallo Stato. Per questo, Act Up decide di intervenire contro un establishment politico e religioso che, a causa dei pregiudizi e della discriminazione, lascia morire migliaia di persone.

Se ci rechiamo sul sito dell’associazione, troviamo un elenco delle date più importanti per questi 31 anni di attività: nel 1989, dopo pochi mesi dalla nascita, gli attivisti e le attiviste appendono uno striscione sulle torri di Notre-Dame de Paris, opponendosi fortemente alla posizione conservatrice della Chiesa sull’utilizzo del preservativo. Nel 1994, riescono a far trasmettere in televisione uno spot per la prevenzione dell’AIDS ideato dal movimento stesso. Nel 2006, occuperanno alcuni locali del partito socialista per denunciare la condizione della comunità transessuale in Francia. E queste sono solo alcune delle più importanti iniziative guidate da Act-Up.

Ancora oggi, l’associazione si pone l’obiettivo di lottare contro le malattie sessualmente trasmissibili e contro l’omobitransfobia. Alla violenza fisica, che ha sempre rifiutato, preferisce la formazione e la mobilitazione della cittadinanza, informandola su temi che non arriverebbero all’opinione pubblica e di massa tramite i mezzi di comunicazione convenzionali.
A tal proposito, nel 1992 sono stati ideati i RéPI, ossia degli incontri trimestrali di informazione pubblica, che trattano, tra gli altri temi, la prevenzione, l’informazione sui diritti, l’aggiornamento sulle terapie esistenti. Questi incontri sono spazi di discussione ed empowerment, che si basano sull’equazione “Informazione = Potere”.

LA POTENZA DELLE IMMAGINI

Il movimento si caratterizza per una forte strategia visiva, che gli permette di mandare messaggi chiari e limpidi, sovversivi ma, certamente, interessanti per una società con un occhio estremamente attento alle immagini ed ai simboli.

Innanzitutto, invece di usare foto sfocate dei corpi malati e far ascoltare testimonianze anonime, decidono di dare a questa malattia volti, nomi e cognomi, forme. Viene data voce alle persone sieropositive, che raccontano la loro esperienza e le loro condizioni di vita, personalizzando il problema e portando i cittadini ad empatizzare con loro. Coloro che per anni avevano subito, inermi e senza strumenti per difendersi, il proliferare della malattia, diventano i principali attori della lotta per i diritti e per la dignità.

Inoltre, nelle sue azioni di protesta, Act Up sceglie sempre una comunicazione ricca di simbolismo. Come nel 1993, ad esempio, quando infila un enorme preservativo rosa sull’obelisco in Place de la Concorde. Nelle loro manifestazioni, spesso, utilizzano sangue finto, con cui dipingono le strade, le facciate dei palazzi, le scale del Municipio.

In ultimo, il già citato “die-in”. Si tratta di un’azione di protesta che prevede che le persone si stendano a terra, in silenzio. Questo non solo è un forte messaggio di denuncia del disinteresse nazionale ed internazionale nei confronti della malattia e, soprattutto, delle persone sieropositive, ma è anche un’evidente dimostrazione delle modalità pacifiche che il movimento sostiene ed utilizza sin dalla sua nascita

ABBIAMO ANCORA BISOGNO DELL’ATTIVISMO?

Le azioni di Act Up-Paris sono state e risultano ancora oggi fondamentali per tutta la comunità LGBTQ+, specialmente in un periodo storico pregno di pregiudizi e discriminazioni. Gli attivisti e le attiviste sono riusciti ad indebolire lo stigma che aleggia intorno alle malattie sessualmente trasmissibili. Tutt’oggi, purtroppo, queste tematiche sono un tabù per la nostra società ed il silenzio dell’opinione pubblica finisce spesso per escludere le persone sieropositive dalla società civile, considerate come pericolose in quanto contagiose.

La tabuizzazione su questo tema specifico è riconducibile ad un argomento più ampio: il sesso e la sessualità. Manca l’educazione sessuale sin dai primi anni di scuola, manca l’informazione riguardo la prevenzione e le cure. Questo stigma diventa ancora più pesante e difficile da rompere quando parliamo di qualcosa che fuoriesce dagli schemi dell’eteronormatività: se le persone non sono a proprio agio a parlare di sessualità in generale, quando si parla della comunità LGBTQ+ si girano consapevolmente dall’altra parte.

Proprio per questo, associazioni come Act Up-Paris svolgono un compito difficile ma importante: impedire alle persone di ignorare le difficoltà, le discriminazioni, gli ostacoli che la comunità LGBTQ+ vive quotidianamente, facendo luce sulle lacune che la nostra società deve ancora colmare.

Non dimenticate l’appuntamento di domani sera con un nuovo “episodio” del “Pop Corn Club” di Univercity Viterbo! Tema della serata sarà proprio 120 Battiti al Minuto! Volete unirvi a noi? Entrate a far parte del server discord Univercity Viterbo. Il link è sempre disponibile nel linktree in bio del nostro account Instagram (Link).
Vi aspettiamo!

Leggi anche – Disabilità: l’importanza di saper guardare “oltre l’orizzonte” (Link)

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