
Covid-19, cosa fare e cosa non fare – In un pezzo che ha fatto la storia della discografia dei Radiohead, No Surprise, un Thom Yorke dalla voce lamentosa e trascinata recita a mò di mantra una frase estremamente semplice: “No alarms and no surprise, please”.
In un momento così delicato per tutta la nazione, anzi, per il globo terracqueo, e anche per il nostro territorio, allarmi e sorprese sono proprio ciò che più di ogni altra cosa dobbiamo evitare. Le direttive emanate dal governo per il contenimento del Covid-19, altresì coronavirus, si stanno facendo mano a mano sempre più stringenti (forse ancora non abbastanza) modificando radicalmente quella che è la nostra routine giornaliera.
Con media e comunità scientifica che sembrano totalmente incapaci di trovare una linea di accordo, li dove emergono voci che tendono a tranquillizzare sulla natura ultima del virus alternate invece a profili più o meno autorevoli che sembrano, invece, volerci mantenere sull’attenti e nel timore, è davvero dura trovare un orientamento, una certezza. Dobbiamo preoccuparci? Dobbiamo “chiuderci in casa” o fuggire nelle campagne con “Boccacciano fare”? O possiamo, invece, ignorare quando suggeritoci dalle alte sfere e continuare la vita di tutti i giorni?

In quanto studenti universitari e quindi, si presuppone, persone di cultura e di spirito critico, il nostro ruolo fondamentale e primario è trattare la materia con estremo equilibrio e, di seguito, con estremo equilibrio agire
Le lezioni saranno sospese fino al 15 di marzo ma grazie ai servizi di e-learning tutti i nostri docenti saranno in grado di impartire i loro corsi anche in via telematica. Insomma, il semestre universitario non rischia il collasso e a tutto si può mettere una pezza. Questa è la conferma del fatto che le nostre vite, anche cambiando, non verranno stravolte e che la pazienza è probabilmente il solo vaccino che abbiamo attualmente a disposizione per poter ritornare alla routine di tutti i giorni il prima possibile.
È difficile, e questo non lo nego, rinunciare ai piaceri mondani, alle abitudini universitarie, all’incontro e allo scambio. Anche io sinceramente dopo una giornata chiuso in casa, per esempio, ho la malsana voglia di recidermi una zampa come una volpe incatenata che cerca di tornare nella natura. Bisogna però vivere questa condizione con estrema calma e filosofia, senza panico e, soprattutto, senza trasgressioni.

Non sono un medico, un virologo, un biologo o un immunologo. Dalle informazioni raccolte confusamente sull’internet, però, ho capito (e spero di non sbagliarmi) che questo Covid-19 non è una nuova peste nera, come non è nemmeno una semplice influenza. Altamente contagioso ma difficilmente mortale, il più grande pericolo per la nostra società non è dovuto dalla malattia in se (che, probabilmente, alla fine di questo panegirico almeno 2/3 della popolazione mondiale avrà assunto così da garantirci belli belli degli anticorpi) ma dal potenziale collasso del sistema sanitario che potrebbe essere causato dai numerosi contagi che, seguendo le percentuali e i numeri estrapolati dal comportamento del Covid-19, potrebbero arrivare a diverse migliaia.
Tutti noi sappiamo come la nostra “bella nazione” abbia negli ultimi anni fatto man bassa di tagli scannando e divorando tanto l’istruzione a noi cara quanto la sanità pubblica
Tutti noi sappiamo quanti posti letto, attualmente sotto la media Ue (3,2 ogni 1000 abitanti), e quanti reparti siano stati chiusi, quanto il personale medico sia stato ridimensionato (ben 43.000 dipendenti tagliati). Basta poco, indi, per capire che il più grande rischio in questo momento non è il virus ma il nostro “martoriato” sistema sanitario che, più di tanto, non può reggere.

L’aspetto fondamentale del limitare i contagi di Covid-19 risiede proprio nell’intenzione di non affollare gli ospedali che, se messi sotto eccessiva pressione, diverrebbero incapaci di fornire le cure adeguate ai pazienti anche meno gravi, rendendo difficoltosa la cura in se della malattia. In breve, la cosa di cui più di tutto dobbiamo avere paura è l’incoscienza.
L’incoscienza dei media che terrorizzano con titoli da prima pagina apocalittici, ma anche l’incoscienza di coloro che “se ne sbattono” delle quarantene e fuggono altrove, mettendo a rischio le vite e la salute di molti altri. L’incoscienza di chi dice “è solo un’influenza” dimenticandosi che il problema non risiede unicamente nei sintomi ma nella gestione generale dell’emergenza. L’incoscienza, quindi, di chi si erge su di un estremo o su di un altro, dimenticandosi che, naturalmente, come sempre la verità sta nel mezzo.
Niente allarmi e niente sorprese, quindi. Serve solo pazienza
La pazienza nel modificare la propria vita di tutti i giorni, la pazienza nell’evitare i luoghi affollati o i contatti troppo stretti, la pazienza nello studiare da casa, rinunciare a qualche bevuta nel week-end. La pazienza di vivere, per un breve lasso di tempo, in modo più controllato per poter tornare, poi, alla vita di tutti i giorni, seguendo le direttive emanate dal governo.
Il Covid-19, o coronavirus, non è il morbo del secolo. Solo lo 0,3% delle persone al di sotto dei 30 anni rientrano nei decessi. Il grosso di quel 3,7% che compone la lista delle vittime sono, purtroppo, persone di età compresa tra i 70 e i 90 anni, spesso già aventi quadri clinici complessi. È anche vero, però, che molti sono i letti richiesti in terapia intensiva, anche nei casi di pazienti che non rischiano la pelle. E nel nostro paese, per dare un numero, di quei letti, necessari per gestire le difficoltà respiratorie dovute ad una malattia che facilmente si riversa in una polmonite, ve ne sono solo 4000.
Non dobbiamo vivere nel terrore e non dobbiamo nemmeno prendere la situazione sotto gamba. Dobbiamo tutelare la nostra salute e, per farlo, dobbiamo anche proteggere il nostro sistema sanitario
Non diventare un “contagiato” non significa solo risparmiarsi una brutta esperienza ma significa anche permettere a del personale medico, per un momento, di respirare tra una “corsa in corsia” e l’altra. Lasciamo ai competenti fare il loro lavoro, noi dobbiamo fare il nostro. Essere previdenti, equilibrati e, soprattutto, usare la cultura in nostro possesso per trarre nell’equilibrio anche coloro che, propendenti da una parte o dall’altra, potrebbero avere dei comportamenti non idonei (e ve lo sta dicendo un ipocondriaco cronico).
Niente allarmi, quindi, ma anche niente sorprese. Un grande in bocca al lupo ai medici che ogni giorno lottano in corsia e a tutte le persone affette e non, come anche ai ragazzi della nostra casa dello studente, in questo momento in isolamento fiduciario. Non ci dimentichiamo di voi e, anzi, esortiamo chi di competenza ad ottemperare quanto prima alle misure e ai controlli necessari, per far si che possiate tornare quanto prima alla vita di tutti i giorni.
P.S – Intanto, magari, potreste ascoltarvi un poco di buona musica.