
Mamma mia, Lauro ha diviso l’Italia più di quanto non abbia fatto la Grande Guerra con gli interventisti e i neutralisti. C’è chi lo definisce un Dio, un artista, uno scrittore. Chi, invece, solamente un coglione. Ma state tranquilli, ho io la risposta a tutto: a fine articolo, vi spiegherò cosa è più giusto fare, se odiarlo o amarlo.
Achille Lauro.
Ma andiamo con calma.
Prima di tutto, Lauro è sicuramente riuscito a ravvivare l’atmosfera giurassica di Sanremo, che per la prima volta dopo tanto – troppo tempo – è sulle bocche di molti per ciò che propone e non perché “è Sanremo”.
Parliamo invece delle metamorfosi del Lauro: prima si presenta sul palco di Sanremo sotto le vesti di San Francesco; indossa un lungo mantello nero bordato d’oro che lascia poi cadere durante l’esibizione, così da mettere in mostra il pezzo forte del suo look, che tutti abbiamo ormai fisso in maniera indelebile nelle nostre menti: la discutibile tutina color carne, che lascia ben in evidenza i suoi tatuaggi. (E molto altro, ndr.) Ha voluto interpretare una delle scene rappresentate dal maestro Giotto: il momento in cui il santo si spoglia dei suoi vestiti e di ogni bene materiale (tranne i tatuaggi, in questo caso), per votare completamente la sua vita alla religione (o, nel caso di Lauro, alla musica?).

Durante la seconda performance canta insieme ad Annalisa vestito da Ziggy Stardust: “è uno dei tanti alter ego di David Bowie, simbolo di assoluta libertà artistica” afferma il prode Achille.
Curioso come, mentre tutti lo paragonavano a mostri sacri come Mercury, Elton John, Renato Zero o David Bowie, egli si sia poi presentato proprio sotto le vesti del “re della metamorfosi”.

Supera poi l’insuperabile (e con insuperabile intendo la tutina d’oro – vi giuro non mi fa dormire la notte.) e si trasforma nella Divina Marchesa Luisa Casati Stampa, musa ispiratrice di numerosi artisti e insofferente a regole e convenzioni. Un personaggio di grande rottura nell’Italia del 900. E a quanto pare anche nel Sanremo del 2020.

Ma prima di parlare dell’ultima messa in scena, parliamo invece del grande lavoro che c’è dietro alle sue rappresentazioni, che possano piacere o meno.
Difatti, ogni sua metamorfosi è studiata nel minimo dettaglio, insieme al direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele.
Tanto che sul profilo Instagram di AchilleIdol – già da prima di Sanremo – si possono trovare quattro storie in evidenza che riportano, in ordine: un lupo, un fulmine, una maschera ed una corona. Storie a mano a mano
sostituite dalle rappresentazioni: San Francesco e la sua tutina d’oro (non gliela perdonerò mai), David Bowie e la Divina Marchesa.
Una delle cose che più di tutte attira l’attenzione dello spettatore è la dinamicità: ovvero la possibile evoluzione di un evento. E questo, Lauro, sembra saperlo: metà degli spettatori di Sanremo hanno atteso con ansia l’ultima serata, per scoprire cosa Lauro avesse da offrirci come grande finale; l’altra metà, mentiva.
Alla fine, la quinta puntata è arrivata, preannunciata da Achille: “Questa notte morirò per il mio popolo, in nome della libertà per tutti”.
Come minimo, mi aspettavo Gesù Cristo.
Se non, addirittura, Freddie Mercury.
Si presenta, invece, sotto le spoglie di Elisabetta I, la “Regina Vergine”.
Forse, col senno di poi, è stato meglio non travestirsi da Mercury o da Gesù Cristo: i suoi seguaci si sarebbero indignati parecchio. Per non parlare di quanto si sarebbero offesi i cristiani.
“Sono stato colpito dalla sua indipendenza, di cui aveva fatto un vero e proprio baluardo.” ci spiega. E conclude “Ho unito i personaggi che, in modi diversi, mi hanno ispirato”.

Bravo Lauro, obbiettivo raggiunto: tutto il Web parla di te. Poche sono state le storie Instagram nelle quali non è stato osannato o deriso, da ragazzini diciannovenni che si scoprono stilisti di moda.
Per quanto riguarda l’intrattenimento, De Marinis è intoccabile. Come sempre. Quello che più di tutto è stato criticato, comunque, è la sua prestazione canora: “Achille si veste da Bowie, e fa ridere, ma canta di merda Mimì (Mia Martini, l’interprete originale della cover presentata da Lauro durante la terza serata, ndr.) afferma il critico Michele Monina.
Lo stesso vale per il suo nuovo singolo “Me ne frego”, che al momento sembra non lasciare il segno tra gli spettatori; almeno non tanto quanto i suoi pezzi passati o quanto la sua inguardabile tutina.
Ha sempre accompagnato la musica al teatro, ma questa volta molti credono si sia immerso troppo nella recitazione, scordandosi di cantare. In passato ha sempre saputo condire bene musica e spettacolo: quest’anno deve aver lasciato la ricetta a casa.
E lo so che tu, se hai un grammo di cervello, non sei pienamente convinto di quello che pensi e non sai, dentro di te, che posizione prendere: se amare o odiare il caro Lauro.
Hai una tua opinione, che difendi, ma sotto sotto riconosci una certa validità nelle affermazioni altrui, seppure contrarie alle tue. Ed è giusto così. Bisogna sempre essere pronti a mettersi in dubbio.
Ma lascia che ti aiuti: perché la soluzione è molto semplice. L’intero dibattito che ha ridato vita a Sanremo, morto da anni, è risolvibile in due parole che ora io sto per offrirti, perché sono un uomo dal cuore d’oro, come la tutina di Achille.
Le due parole, caro lettore, sono: “Ringo Starr“. È il titolo della canzone dei Pinguini Tattici Nucleari.
Andatela ad ascoltare, perché merita veramente tanto. Dinamica, ricca di citazioni; è simpatica, ma insegna.
Veramente Nucleare.
Come dite? Achille Lauro? E chi lo conosce.
